Mentre ancora facevo delle considerazioni su quella curiosa bambina vestita di velluto che avevo davanti, lei mi rivolse la parola, distraendomi dalla mia analisi. «Ma tu cosa sei?» Io.. cos'ero?.. Mai nessuno si era interessato a me in questo modo, o se l'aveva fatto era perchè spinto dal terrore. Ma non c'era paura nei suoi occhi, solo una spiccata voglia di saperne di più. Quella domanda mi aveva sorpreso e spiazzato, era tutto così confuso, ed era tanto tempo che neppure io stessa pensavo più di tanto a che esistenza fosse la mia. Ma io lo sapevo cos'ero. «Io.. io sono un demone.» lo dissi con naturalezza e forse un briciolo di tristezza, incrociando le mani dietro la schiena e guardando verso il basso. Neppure io mi riconoscevo in quello che, già da un pò, effettivamente ero. Quando rialzai la testa a guardarla, questa volta nei suoi occhi c'era in effetti una traccia di paura, ma maggiore era l'incredulità che esprimeva il suo viso a quella - a suo parere - bizzarra risposta. Però in quel momento non colsi tutto questo, e neppure feci caso alla sua reazione, - forse per l'abitudine di non dare particolare importanza a chi mi circondava e a considerarli semplici giochi - ero rimasta di nuovo affascinata dai suoi lineamenti perfetti, come scolpiti, così somiglianti a un materiale che conoscevo già.. «Ma.. tu sei..» prima che potessi accorgermene, inconsciamente una mano si alzo a mezz'aria e posai un dito su quel viso. Cera. Era fatta di cera. Ecco cosa mi ricordava. Cera, come quella della candela che appiccò fuoco alle cortine della culla della tua bambola, che gli diede la spinta a proseguire sul pavimento di legno, sull'intera casa. Cera. Quella per cui tua madre morì carbonizzata, mentre mormorava il tuo nome. Cera. E fiamme. Quelle che misero la pazzia in tuo padre. Per quell'unica candela di cera lasciata accesa nel posto sbagliato per dimenticanza, tuo padre si precipitò nel tuo letto, svegliandoti, strattonandoti bruscamente per un braccio fuori dal tuo letto quasi completamente in balìa delle fiamme.
Sempre a causa sua tuo padre, in cambio della sua vile vita, senza nessuna pietà per la tua innocenza, per tuo smoderato terrore, incurante che nelle vene di quella creatura scorreva il suo stesso sangue, ti condannò a quest' esistenza inutile, guasta, torbida e malata, ad un' anima a metà, maledetta, marcia, strappandoti alla tua innocenza, constringendoti a macchiarla con il sangue e con le urla disperate delle tue vittime. Tornai in me solo qualche minuto dopo. Quella curiosa bambina, a cui non riuscivo a leggere dentro, era una bambola; Una bambola di cera, e adesso era arretrata di un passo e mi guardava come se fossi pazza. Solo in quel momento mi colpì la consapevolezza di quanto doveva essere ripugnante la mia vista, solo adesso trovavo una spiegazione agli sguardi inorriditi della gente. Solo in quel momento, guardando la mia gonna, vedevo apparire, per la prima volta, strappi e sangue. Che cos'ero diventata? Una strana sensazione si faceva strada in me, dopo chissà quanto tempo. Sì, la conoscevo, mi era così familiare.. sentivo gli occhi bruciare e le lacrime salire, stavo per scoppiare a piangere, se era ancora permesso alla mia anima di provare certe cose. Mi voltai di scatto, pronta a correre via in un angolo remoto di quell'enorme scuola e restare lì, abbandonandomi a quello che meritavo, fin quando non avrei sentito più nulla. Ma qualcosa, qualcosa come un cilindro nero bordato di blu, cadde per terra, e la sua mano, la mano di quella bambina in realtà bambola, mi fermò per un braccio.
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